Lo speciale in memoria della vittime di Propaganda Fide e per il Giorno del ricordo

Il 10 febbraio la città di Castel Gandolfo si stringe attorno al ricordo delle vittime del bombardamento che in questo stesso giorno nel 1944 colpì i civili rifugiati nelle Ville Pontificie, dei martiri delle foibe e della tragedia che investì gli italiani dell’esodo giuliano dalmata.

Ultima modifica 17 aprile 2024

Tradizionalmente il 10 febbraio di ogni anno si tiene una lunga Marcia della Pace che, partendo dalla piazza del borgo, entra ed attraversa le Ville Pontificie fino ad arrivare al palazzo di Propaganda Fide. Quest’anno la Marcia non si potrà tenere, per ovvi motivi di sicurezza sanitaria connessi alla pandemia, ma il ricordo non si ferma.

Per mantenere viva la memoria il più tragico evento della storia castellana e per celebrare la Giornata del Ricordo, il Comune di Castel Gandolfo deporrà la corona commemorativa a Propaganda Fide e ripercorrà quegli attimi online con video, fotografie storiche e testimonianze che sono raccolte in questo lungo speciale commemorativo e sulla Pagina Facebook Comune di Castel Gandolfo.

 

10 febbraio 1944, ore 9.30

Dal cielo piovono le bombe su Albano e Castel Gandolfo.

Con l'Armistizio dell'8 settembre del 1943 e lo sbarco alleato ad Anzio nel gennaio del 1944, le Ville Pontificie erano considerate sicure dato il loro status di extraterritorialità. Per cui vi erano rifugiati tanti civili, uomini, donne e bambini. Sotto le bombe cadute il 10 febbraio morirono circa 500 civili rifugiati nel Collegio di Propaganda Fide e a Villa Barberini

Un episodio che colpì profondamente le nostre città e che ricordiamo ogni anno, insieme al Comune di Albano, all’Associazione Vittime dei bombardamenti di Propaganda Fide, al Direttore delle Ville Pontificie, alle suore di Propaganda Fide, al Parroco, alle autorità, ai cittadini e alle scuole con una Marcia della Pace in memoria delle vittime di Propaganda Fide e di tutti i martiri delle Foibe e dell'esodo giuliano dalmata, avvenuto tra il 1943 e il 1947.


Ricordiamo insieme quanto avvenne per non tornare a commettere più le atrocità della guerra.

Si ringrazia Ada Scalchi, presidente Associazione Vittime dei bombardamenti di Propaganda Fide, per il suo lavoro di raccolta e testimonianza da cui sono tratte le immagini e i testi di questo racconto.

Egea, l'Esule giuliana

"Il primo maggio del 1945 la sera suonarono alla porta due titini, volevano mio padre. Lui chiese perché lo cercassero, ma i due lo tranquillizzarono dicendo che era pura formalità, dovevano condurlo al Comando per alcune informazioni. Mio padre chiese se doveva portarsi dietro qualcosa, ma di nuovo lo rassicurarono, così uscì col vestito che indossava e una sciarpa. Sciarpa che giorni dopo i miei videro al collo di un titino. Da quella sera non seppi più nulla di lui. Avevo 3 anni e mezzo.
I miei non si davano pace e speravano che lo avessero internato in qualche campo di concentramento. Per molti anni la nonna metteva da parte ogni sera un pezzo di pane, aspettando che facesse ritorno. Ma intanto bisognava scappare.
Fu la sorella di mio padre a farmi i boccoli e a confezionarmi un vestitino di seta, mi misero in mano un ombrellino e la mia valigia, con su scritto un numero di matricola. Così diventavo l’esule giuliana 30.001".

Egea Haffner è nata nel 1941 a Pola, Italia. La sua foto è diventata simbolo dell'esodo giuliano-dalmata, una delle più drammatiche vicende italiane del secondo dopoguerra a causa della pulizia etnica attuata dal governo jugoslavo di Tito.
Oggi ricordiamo anche i quasi ventimila italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe, le fenditure carsiche tipiche del Venezia Giulia, dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della seconda guerra mondiale.

Esule Giuliana


Foto e testimonianza tratta dall'articolo di Avvenire

 

Ricordo della famiglia Marcelli

"(...) Quirino e Bianca ricoverati presso la Villa Pontificia di Castelgandolfo, quella mattina scendono verso la piazza del paese dove saranno distribuiti i viveri che sono necessari alla sopravvivenza. La mamma pensa ai suoi figli; pensa a Marcella, la più grande, ad Armando il piccolino che appena muove i primi
passi. Pensa a Elena, ad Anna a Franco. Per ognuno di loro ha un palpito, e ognuno di loro ha bisogno di qualcosa.

Improvviso l’urlo della sirena annuncia una incursione aerea... Vicina..., troppo vicina. Straziati da un doloroso presagio, Bianca e Quirino corrono indietro verso la Villa. Sulla strada i proiettili fischiano intorno a loro mentre gli aerei sganciano il loro carico di morte.
Niente riesce a fermare la loro corsa affannosa, non la paura,
non la fatica, non la necessità di riparo. Corrono incurantidi tutto. Vorrebbero volare. Anzi, NO, vorrebberofermare il tempo, no, no, vorrebbero farlo tornare indietro per esser lì, ora, alla Villa, con i figli...

Ma il tempo non si ferma, non lo fa mai. Arrivano infine al ricovero... Oh se il cielo pietoso li avesse fermati sulla strada, mille volte a loro la morte, a loro, non ai figli".

Il ricordo della famiglia Marcelli, scritto da Caterina Gatta in Marcelli.

biancheria al sole web

Testimonianza e fotografia storica tratta da http://www.10febbraio1944.it/ dell'Associazione vittime del bombardamento di Propaganda Fide - Ada Scalchi

“Ognuno scavava con le mani, in quell’inferno di macerie”

"Avevo appena 2 mesi, quel 10 febbraio del 1944, ma la memoria dell’accaduto è dentro di me, per gli innumerevoli racconti dei miei genitori. Nel nostro Albergo, a Castel Gandolfo, si era insediato il comando tedesco e molti fatti li abbiamo vissuti proprio a stretto contatto.

L’allora Pontefice Pio XII, diede l’autorizzazione ad aprire la Villa Pontificia (...) Dentro il vastissimo territorio della Villa Pontificia di Castel Gandolfo furono approntati l’ospedale da campo, numerose tendopoli per gli sfollati, cucine da campo, mentre la vita, nonostante il tempo di guerra, cercava di riprendere i suoi ritmi; alcuni agricoltori, ad esempio, avevano portato con sé addirittura le vacche, così il latte per anziani e bambini era assicurato.

sfollati nei giardini web

Dopo lo sfollamento da Albano, iniziato il 28 gennaio, gli sfollati ricoverati dentro la Villa Pontificia, si sentivano al sicuro, poiché ritenevano che essendo territorio del Vaticano, nessun bombardamento li avrebbe colpiti. Ma così non fu.

Quella mattina - raccontava mia madre - c’era una gelida tramontana, ma anche il clima che gravava su Albano era particolarmente cupo, come se un presentimento lasciasse intuire che da lì a poco qualcosa di terribile sarebbe accaduto.

Cominciarono a vedersi nel cielo formazioni di bombardieri americani, che si dirigevano verso il mare, verso Anzio e Pratica di Mare, Nettuno. Al secondo passaggio i bombardieri virarono verso il Lago di Castello ed Albano, con grande sconcerto della gente.

Iniziò così il drammatico bombardamento del 10 febbraio 1944".

Il racconto di Luciano Mariani, nostro concittadino, saggista e "memoria storica" di Castel Gandolfo. La sua testimonianza integrale si può leggere su http://www.10febbraio1944.it/testimonianze17.html

“I nomi cuciono l'ordito dei ricordi di guerra”

Concludiamo questo lungo racconto dedicato alla memoria di quanto avvenne a Castel Gandolfo la mattina del 10 febbraio 1944 con le parole di Ada Scalchi, presidente dell'Associazione vittime del bombardamento di Propaganda Fide, che ringraziamo per il suo costante impegno nel tramandare alle giovani generazioni i valori positivi della pace e della fratellanza.

"Era il 1942, quando mio padre, Vincenzo Scalchi, venne richiamato in guerra, e partì così per la Francia. Lasciò ad Albano la giovanissima moglie, Lucia Pierleoni e due bambine, Fernanda e Carla, che avevano appena, l’una due anni e tre mesi, l’altra quattro anni e mezzo. Purtroppo non le avrebbe mai più riviste, poiché le due bambine morirono sotto il bombardamento del 10 febbraio 1944, e la moglie Lucia, gravemente ferita, morì poco dopo.

Mio padre in seguito si risposò ed io sono figlia del secondo matrimonio, ma mio nonno Alberto, padre di mio padre, fin da bambina, mi parlava sempre di quel terribile lutto che aveva sconvolto la vita di mio padre al ritorno dalla guerra. Ricordo benissimo che nella stanza da letto del nonno, sopra il comò, c’erano le fotografie delle bimbe morte e della madre Lucia, illuminate notte e giorno dai lumini.

Quell’immagine è stampata ancora nel mio cervello: una parte della famiglia che non avevo mai conosciuta e che la guerra ci aveva portato via. Ricordo poi i racconti di nonno: “Vedi - mi diceva indicando le fotoquella è Carla e quella Fernanda, e quella è la loro mamma Lucia, e questa è nonna Ada, della quale tu porti il nome”. Quante volte me le ha indicate, quante volte sono stata ad ascoltarlo.

Ma la grande lezione di vita di mio nonno mi è stata trasmessa attraverso i suoi lunghi discorsi sulla guerra, inculcandomi, fin da bambina, l’amore per la pace, la fratellanza, la giustizia, e soprattutto spiegandomi le follie della guerra e dell’odio, della discriminazione, sociale o razziale, di ogni prevaricazione operata dal potere".

Il racconto di Ada Scalchi, presidente dell'Associazione vittime del bombardamento di Propaganda Fide, si può leggere su http://www.10febbraio1944.it/testimonianze12.html

Signora Zevini web

Nella foto la Signora Zevini


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